Le tendopoli stanno chiudendo. Una dietro l'altra, stanno spedendo i loro ospiti nelle tendopoli più vicine al (fu) centro della città, tra queste c'è anche la mia. Ieri sono andata a pranzo al giapponese e di ritorno, satolla e soddisfatta, mi son trovata davanti un camioncino pieno di reti e di materassi e intorno a questo i protettori che due la volta li portavano in giro. Inizialmente credevo stessero togliendo dei posti letto, poi parlando con una ragazza ho saputo che sposteranno da noi gran parte delle persone che non troveranno sistemazioni alternative alla tenda. La nostra tendopoli è piccola e ben organizzata. Ormai noi popolani ci conosciamo tutti, dopo mesi abbiamo iniziato ad accettarci, a non parlarci o a uscire insieme. Speriamo che questo equilibrio, molto, troppo precario non venga a mancare. Perchè senno son problemi.
Ogni contingente che parte sono lacrime e io mi chiedo quale sarà l'ultimo. Siamo a quota XXII, l'ultima settimana di settembre dovrebbe essere il XXVI. Chissà che succederà. Vorrei non dover vivere la mia vita a settimane, non trovarmi a pensare "Cazzo, domani è Lunedì, emmo che faccio?", mi piacerebbe sapere cosa sarà di me e della mia vita anche a medio termine. Perchè sento il bisogno di ricostruirmi e ricostruire i miei punti di riferimento, nuovi o vecchi che siano, ma li voglio, li pretendo. Altrimenti delle mie gambe non saprei che farmene.
lunedì 31 agosto 2009
giovedì 20 agosto 2009
Sguazzo nella polvere. Davanti casa mia stanno costruendo le case temporanee permanenti, o come diavolo si chiamano, e le ruspe lavorano. Lavorano, lavorano dalla mattina alla sera. Devono lavorare, anzi, tanto di cappello agli operai, ma io sto soffocando. Non si possono aprire le finestre, non si può uscire dalla porta. La polvere è ovunque, e non oso immaginare i muratori come hanno i polmoni. Secondo me quando avranno finito se li sfileranno e li sgrulleranno con il battitappeti. Torno in tendopoli e c'è la polvere, sulle scarpe, sui jeans, sulle lenti degli occhiali, negli occhi, nel naso. Ho ance smesso di fumare, sentivo i polmoni appesantiti.
lunedì 17 agosto 2009
Sono stata in vacanza, non vedevo l'ora che arrivasse, non vedevo l'ora di partire e sono già tornata. Tornare è stato traumatico, non credevo facesse così male. A stare qui ci si abitua, lentamente si perde la routine conquistata in tanti anni di vita e se ne trova una nuova, più spoglia, fatta di piccole cose, ma non piccole per modo di dire, piccole davvero. Come non vedere l'ora che tutti vadano via per leggere, per vedere un cartone, per stare sul letto senza sapere che qualcuno ti sta osservando.
Per dieci giorni sono tornata nella vita vera, un po' più piena, con docce lunghe mezz'ora, lenzuola candide e materassi alti 20 centimetri. In una città intera, con i negozi, il centro storico, gli autobus, le salite, le discese, i bar, le case di muratura, una sfera di attività che colorano la vita. Ed è stato così bello alzare gli occhi e vedere le finestre intatte, che se c'era una finestra un po' sbeccata pensavo che il terremoto fosse arrivato fino lì e mi dicevo: "Ah vabbè, ha resistito", se c'era una casa malridotta pensavo che il terremoto, quello stronzo, aveva infierito. E ogni pavimento che ballava era una scossa nuova, soprattutto a Venezia, nel B&B dove ho dormito, i solai erano di legno, e quando camminavano gli americani lo sentivo fino sopra il letto. Ogni volta era paura. Poi ci si abitua, ma le prime ore sono state tragiche. E i negozi possono essere belli ed ecomonici, ma se mi manca la voglia di comprare significa che ho qualcosa che non va, perchè pensare che la nuova maglia la potrei mettere per fare la strada tra la tenda dove dormo e la tenda mensa mi intristisce. Pensare che se mi tingo i capelli l'unica persona che potrebbe apprezzarli sarebbe la vicina di letto che mi dedicherebbe un sonoro "sti giovano d'oggi fanno proprio schifo!", si perde la voglia di reagire. E mi sento scema a dire queste parole, anche solo a pensarle, perchè se mi lamento io che non ho perso niente, chi ha perso tanto che deve dire. Ma è così, si rinizia dalle piccole cose, ma se la spinta verso le piccole cose manca, le grandi cose ingranano difficilmente.
Ieri una donna diceva "Che ci vado a fare al mare, a prendere il sole, a distrarmi, non ne vale la pena". L'invasione di cavallette e le trappole delle api sono diventati i discorsi di punta della tendopoli, sono anche un problema reale, ma ciò non toglie che si parla solo di questo. E quando ci si sta dentro non ce se ne accorge, a vederlo da fuori è disarmante.
Mi sono arrivate tante cose belle in questo mese, cose che se fossero successe 6 mesi fa avrei sollevato il mondo con il mignolo del piede sinistro, ma adesso no. Sono belle, bellissime, ma non ballano.
E mi ero di nuovo abituata alla vita normale di Lubiana, che i giorni sono finiti. E i vestiti che ho comprato sono nell'armadio, e penso che portarli in tendopoli non ne valga la pena.
Per dieci giorni sono tornata nella vita vera, un po' più piena, con docce lunghe mezz'ora, lenzuola candide e materassi alti 20 centimetri. In una città intera, con i negozi, il centro storico, gli autobus, le salite, le discese, i bar, le case di muratura, una sfera di attività che colorano la vita. Ed è stato così bello alzare gli occhi e vedere le finestre intatte, che se c'era una finestra un po' sbeccata pensavo che il terremoto fosse arrivato fino lì e mi dicevo: "Ah vabbè, ha resistito", se c'era una casa malridotta pensavo che il terremoto, quello stronzo, aveva infierito. E ogni pavimento che ballava era una scossa nuova, soprattutto a Venezia, nel B&B dove ho dormito, i solai erano di legno, e quando camminavano gli americani lo sentivo fino sopra il letto. Ogni volta era paura. Poi ci si abitua, ma le prime ore sono state tragiche. E i negozi possono essere belli ed ecomonici, ma se mi manca la voglia di comprare significa che ho qualcosa che non va, perchè pensare che la nuova maglia la potrei mettere per fare la strada tra la tenda dove dormo e la tenda mensa mi intristisce. Pensare che se mi tingo i capelli l'unica persona che potrebbe apprezzarli sarebbe la vicina di letto che mi dedicherebbe un sonoro "sti giovano d'oggi fanno proprio schifo!", si perde la voglia di reagire. E mi sento scema a dire queste parole, anche solo a pensarle, perchè se mi lamento io che non ho perso niente, chi ha perso tanto che deve dire. Ma è così, si rinizia dalle piccole cose, ma se la spinta verso le piccole cose manca, le grandi cose ingranano difficilmente.
Ieri una donna diceva "Che ci vado a fare al mare, a prendere il sole, a distrarmi, non ne vale la pena". L'invasione di cavallette e le trappole delle api sono diventati i discorsi di punta della tendopoli, sono anche un problema reale, ma ciò non toglie che si parla solo di questo. E quando ci si sta dentro non ce se ne accorge, a vederlo da fuori è disarmante.
Mi sono arrivate tante cose belle in questo mese, cose che se fossero successe 6 mesi fa avrei sollevato il mondo con il mignolo del piede sinistro, ma adesso no. Sono belle, bellissime, ma non ballano.
E mi ero di nuovo abituata alla vita normale di Lubiana, che i giorni sono finiti. E i vestiti che ho comprato sono nell'armadio, e penso che portarli in tendopoli non ne valga la pena.
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